La procura redatta all’estero: a chi rivolgersi per ottenerla e come procedere (legalizzazione o apostille)

Molto spesso quando si vive in Paesi esteri si è impossibilitati a tornare in Italia per compiere degli atti ed è necessario far ricorso allo strumento della...
Italian Law

Federico V

Molto spesso quando si vive in Paesi esteri si è impossibilitati a tornare in Italia per compiere degli atti ed è necessario far ricorso allo strumento della procura. Molti connazionali non sanno come procedere e a chi rivolgersi. Cerchiamo di fare un pò di chiarezza sull’argomento.

Occorre innanzitutto procedere con una distinzione tra atto redatto da pubblico ufficiale straniero e atto ricevuto direttamente dal Consolato Italiano all’estero.

Gli atti e i documenti rilasciati da autorità straniere, per poter essere fatti valere in Italia, devono essere legalizzati dalle rappresentanze diplomatico-consolari italiane all’estero.

Questi atti, tranne quelli redatti su modelli plurilingue previsti da Convenzioni internazionali, devono inoltre essere tradotti in italiano; le traduzioni devono recare il timbro “per traduzione conforme”. Nei Paesi dove esiste la figura giuridica del traduttore ufficiale la conformità può essere attestata dal traduttore stesso, la cui firma viene poi legalizzata dall’ufficio consolare. Nei Paesi nei quali tale figura non è prevista dall’ordinamento locale occorrerà necessariamente fare ricorso alla certificazione di conformità apposta dall’ufficio consolare. Per ottenere il certificato di conformità della traduzione il richiedente dovrà recarsi presso l’Ufficio consolare munito del documento originale in lingua straniera e della traduzione.

L’atto redatto da pubblico ufficiale straniero, per avere effetto anche in Italia, è necessario che sia legalizzato ai sensi degli articoli 30 e 33 del D.P.R. n. 445/2000 e debitamente tradotto. In particolare l’articolo 33 comma 2 stabilisce che “le firme sugli atti e documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello Stato (italiano) sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero”. All’atto “deve essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata conforme nel testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica ovvero da un traduttore ufficiale”.

Per procedere alla legalizzazione il soggetto richiedente dovrà recarsi munito dell’atto (ovviamente in originale) da legalizzare presso l’Ufficio consolare.

Per quanto riguarda gli atti ricevuti direttamente dal Consolato italiano all’estero, ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200, il Capo dell’ufficio consolare esercita nei confronti dei cittadini le funzioni di Notaio e pertanto le firme apposte dall’autorità consolare su atti da valere in Italia non sono soggette a legalizzazione. Tale modalità di formazione dell’atto estero è pertanto la più semplice in quanto non richiede ulteriori formalità per spiegare i propri effetti anche in Italia.

I predetti atti sono soggetti al pagamento dei diritti previsti dalla Tariffa consolare attualmente in vigore. (https://www.esteri.it/MAE/resource/doc/2017/02/tariffa_consolare_aggiornata__2017.pdf)

Nei Paesi che invece hanno sottoscritto la Convenzione de L’Aja del 5 ottobre 1961 relativa all’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, la necessità di legalizzare gli atti e i documenti rilasciati da autorità straniere è sostituita da un’altra formalità: l’apposizione dell’apostille.

Una persona che proviene da uno Stato che ha aderito a questa Convenzione non ha bisogno di recarsi presso l’Ufficio consolare e chiedere la legalizzazione, ma può recarsi presso la competente autorità interna designata da ciascuno Stato, e indicata per ciascun Paese nell’atto di adesione alla Convenzione stessa, per ottenere l’apposizione dell’apostille sul documento. Il documento così perfezionato è riconosciuto in Italia. L’atto e la stessa apostille devono essere debitamente tradotti.

E’ possibile infine che l’atto di pubblico ufficiale straniero, per avere effetto anche in Italia, sia soltanto debitamente tradotto in italiano nel caso in cui la procura sia rilasciata da un Paese dell’Unione Europea che ha sottoscritto la Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 o quando l’Italia ed il Paese estero abbia sottoscritto un accordi bilaterale in tal senso.

E’ opportuno ricordare che un atto estero per avere effetto in Italia deve essere preventivamente depositato presso un Notaio italiano o presso un Archivio Notarile, ma l’allegazione dell’atto estero (la procura) ad un atto di un notaio italiano equivale e sostituisce il deposito ex articolo 106 legge notarile (per cui se si vuole utilizzare una procura formata all’estero è sufficiente la sua allegazione nel medesimo atto in cui si utilizza la procura stessa, senza preventivo deposito. Esempio: devo vendere casa, il notaio rogante allega la procura estera all’atto di compravendita e così non è necessario il suo preventivo deposito).

Per quanto riguarda la forma della procura straniera questa non è soggetta al principio di simmetria delle forme di cui all’articolo 1392 c.c.; al riguardo l’art. 60 della L. n. 218/95 stabilisce che la procura straniera è valida se considerata tale dalla legge dello Stato in cui è posta in essere o dalla legge che ne regola la sostanza (ossia quella italiana).